MOSTRARE L’INDICIBILE?

MOSTRARE L’INDICIBILE?
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Sono passati 20 anni dal genocidio in Ruanda. Eppure la ferita pare irrimarginabile e la convivenza tra sopravvissuti e carnefici usciti dal carcere quasi impossibile.  

 

Il cinema spesso ha cercato – con risultati discutibili, anche da un punto di vista etico - di mettere a fuoco l’indicibilità e la mostruosità di un massacro di 800.000 Tutsi sterminati dagli Hutu armati di machete, in appena tre mesi nel 1994.

 

Tra le opere più recenti che hanno tentato di raccontare quella tragedia ricordiamo 100 Days (2001) di Nick Hughes e Hotel Rwanda (2004) di Terry George. Tra i pochi titoli davvero interessanti va ricordato Accadde in aprile (2005) di Raoul Peck, opera che riesce a unire pudore e memoria, benché si tratti di una coproduzione franco-americana.

 

Come ci ha insegnato Claude Lanzmann la tragedia inumana può emergere attraverso il cinema tramite le tracce dell’oggi e le testimonianze verbali di chi ha assistito ai fatti narrati, o attraverso le parole dei carnefici.

 

Al FCAAAL abbiamo visto il documentario Umudugudu! Rwanda 20 ans après (menzione speciale nella sezione Extr’A). Il film del giornalista e regista Giordano Cossu riesce ad accostarsi all’indicibile proprio grazie ai racconti di ex carnefici e sopravvissuti. La ferita aperta rivive sullo schermo attraverso le parole, gli sguardi perduti e dolenti, i volti segnati e attraverso gli evidenti problemi economico sociali. La distanza da ogni normalità è chiara ed evidente. 

 

Nell’amara consapevolezza che l’ombra del massacro “fratricida” è sempre presente in tutti gli animi del Ruanda.

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