DISCESA NELLA NOTTE DELL’ETERNO PRESENTE

DISCESA NELLA NOTTE DELL’ETERNO PRESENTE
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Cavalo Dinheiro, l’ultimo lavoro di Pedro Costa, è una contemplazione del tumultuoso passato coloniale del Portogallo. E del suo incerto futuro. Un film che sfugge alle classificazioni, poetico e anti-spettacolare

 

Dalla notte viene Ventura, l’oscurità è il suo regno, intrappolato in un luogo indefinito, una prigione, un ospedale o forse un manicomio, immobile in un tempo circolare, in cui passato e presente si confondono, ci accompagna nell’oscurità dell’animo, del ricordo, della malattia e del sogno. Varchiamo porte che dal buio conducono al buio, luoghi in cui solo i volti illuminati, gli sguardi, assumono la consistenza del reale. Presenze, forse fantasmi, forse ricordi, incrociano il vagare del vecchio Ventura, scandito dal soffio affannoso del suo respiro. Tremano le mani, le voci sono sussurri, si levano canti.

 

Cavalo Dinheiro è una discesa nel purgatorio dell’anima, un percorso al di là del tempo per approdare al ricordo ed esorcizzarlo. «Un film per dimenticare» lo ha definito Pedro Costa, immerso in una «notte baudelairiana», evocativa, poetica, in cui ci si può solo porre in ascolto, senza cercare risposte.

Ventura, già protagonista di Juventude em marcha (2006), torna in questo ultimo lavoro di Costa e riempie il film con la sua presenza fisica e tangibile, col suo corpo stanco e tremante, coi suoi spettri, le sue ossessioni. Condivise con Costa la Rivoluzione dei Garofani del 1975, appartiene e incarna Fontainhas, quartiere povero ed emarginato di Lisbona, ormai smantellato, abitato in passato soprattutto da capoverdiani e immigrati dagli ex stati coloniali portoghesi. Eletto da Costa a quartiere dell’anima, gli ha dedicato ben tre film: Ossos (1997), No quarto da Vanda (2000) e Juventude em marcha.

 

Insieme a Ventura si staglia nel buio Vitalina, conosciuta per caso dal regista, anche lei ha una storia da raccontare, col suo sguardo penetra a fondo, col suo sussurro, spezzato dall’emozione nel leggere il proprio atto di nascita, dice più di mille parole sulla condizione di chi ha abbandonato la propria terra e ha in mano solo un mucchietto di carta che attesta il suo diritto a esistere.

Con Ventura e Vitalina (entrambi non sono attori professionisti) Costa ha scritto giorno per giorno il suo film, lasciando spazio all’iniziativa personale, al bisogno e all’emozione dei protagonisti, che parlano di sé, ma esprimono anche una condizione universale.

 

Spontaneo si leva il canto, a interrompere il silenzio, lamento e appiglio, necessità espressiva per Ventura: «Per lui ho inserito quelle canzoni» dice Costa, altrimenti restio a dare troppo spazio alla musica.

Un film che evoca il passato, la lotta, le necessità economiche, la casa distrutta, gli animali ormai morti, il cavallo Dinheiro (denaro, in portoghese) «fatto a pezzi dagli avvoltoi», ma che sta nel presente, perché solo il presente esiste, e nel presente il film è stato costruito da Costa un po’ di getto, senza troppe riflessioni, «senza darmi il tempo di pensare», ma soltanto facendolo. Un film che vuole dimenticare, ma interroga la parte più buia dell’anima.


Cavalo Dinheiro di Pedro Costa, Fuori Concorso, sab 6, ore 22.00, Spazio Oberdan

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