FUSIONI METICCE

FUSIONI METICCE
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Nicolò Massazza dei Masbedo ci parla di The Lack, il loro primo lungometraggio presentato a Venezia (Giornate degli Autori) e che, nei prossimi giorni, sarà proiettato al Copenhagen International Documentary Film Festival. Un racconto al femminile che, tra natura immaginifica di ispirazione leopardiana e «madonne/donne», ci permette di ripercorrere i loro primi 15 anni di attività fatti di videoarte, musica e performance

 

Masbedo è il nome che unisce i primi segmenti dei cognomi dei componenti del duo di videoartisti residenti a Milano, Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni. Una fusione di nome e di fatto che vede combinate anche le loro esperienze artistiche: il primo proviene dalla performance, dalla musica e dalla scrittura, il secondo dalla fotografia.

Dall'inizio intraprendono un percorso multidisciplinare che li porta a realizzare diverse collaborazioni con scrittori come Aldo Nove e Michel Houellebecq, musicisti come Marlene Kuntz, Vittorio Cosma e attrici come Juliette Binoche. Fino all'11/01/2015 saranno presenti a Torino, presso la Fondazione Merz, con Todestriebe, un progetto sull'incomunicabilità che, attraverso le nove opere, permette anche di ripercorrere gli ultimi dieci anni del loro lavoro. 

 

Come e quando nascono i Masbedo?

Abbiamo iniziato per gioco nel 1999. Due artisti diversi che si incontrano e insieme realizzano la loro prima mostra fotografica che già aveva un titolo importante: L'intenzione di amare.
Quando oggi rivedo i nostri primi lavori provo orgoglio vedendo come già nel 2001 unissimo musica, video, performance. Volevamo inseguire i nostri impulsi e realizzare un progetto che fosse estremamente contemporaneo e che mescolasse all'interno tutte le discipline possibili. Un lavoro di «arte totale» che trova nel video il mezzo espressivo ideale per le sue possibilità di racchiudere in sé fotografia, scenografia, scrittura ecc.

 

The Lack è il vostro primo lungometraggio. Letteralmente il titolo significa «la mancanza». Come mai avete scelto di affrontare il tema dell'assenza?
Perché è il tema esistenziale/esistenzialista su cui è centrato l'essere umano. Ad un certo punto del percorso di ciascuno di noi si crea un «buco» dato dall'assenza di un qualcosa e il tentativo di colmarlo dà senso alla nostra vita. Esistono due possibilità, o farsi risucchiare o starne ai bordi, come se fosse una vertigine, per cercare di creare qualcosa di nuovo con se stessi e con gli altri.

 

Il film è il ritratto di quattro donne immerse in una natura ancestrale e silenziosa. 

Quello che ci interessava era poter rappresentare una femminilità diversa rispetto a quella proposta negli ultimi vent'anni, la donna per forza seduttiva, facile. Abbiamo ritenuto necessario raccontare le protagoniste di The Lack, ascoltatrici di quel territorio della mancanza, guerriere che lottano e resistono, «madonne/donne» sacrali che hanno la forza di opporsi. È sicuramente un singolo aspetto della donna ma è anche quello che ci affascina di più come artisti.
È stato come immaginare di cercare una strada possibile tra il corpo della donna e il corpo della madre. Le protagoniste del film stanno nel mezzo, sono estremamente fertili nel reagire e nell'andare avanti.

E gli uomini? Dove sono finiti?
Mah, si sono persi...

Tutti i vostri lavori sono ambientati in luoghi freddi, vuoti. Come mai questa predilezione?

Perché sono teatri perfetti per mettere in scena stati mentali come l'abbandono, la disperazione, la perdita. In questo siamo moderni, quasi leopardiani, ci interessa la natura scomoda, primitiva, che tende al sublime. Un territorio dove o tutto è fantastico o tutto è distruttivo. Le nostre storie nascono in questi ambienti che sono difficili, non addomesticati e pieni di mistero.
The Lack è girato per tre quarti in Islanda e l'altro quarto a Lisca Bianca, di fronte a Panarea, entrambe isole, sole in mezzo alla corrente. In questa situazione di isolamento, le azioni compiute dalle protagoniste diventano ancora più performative. Non c'è fiction e il confrontarsi con il freddo, il vento continuo e il muschio sotto i piedi sono tutte difficoltà che sono servite per farle lavorare più come performer che come attrici.

 

Quanto è importante la musica per i Masbedo?

Moltissimo. Per ogni progetto il sound design e la musica sono totalmente originali. In The Lack il suono è esasperato, ad esempio quando arriva la nave risuona ogni dettaglio, la corda, l'acciaio, la nave che trema. Immagini e suoni urlano insieme.

 

Progetti per il futuro?

Da gennaio inizieremo a lavorare alla regia e alla scenografia de Il flauto magico che inaugurerà il 5 novembre 2015 al Teatro Lirico di Verona, una produzione della Fondazione Arena di Verona.
Inoltre saremo ospiti di Jan Fabre ad Anversa dove lavoreremo per il Troubleyn.
Nel frattempo saremo stabili a Milano. Per quanto viaggiare ci stimoli parecchio, a volte fermarsi è doveroso.

 

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